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Stefano Carbonelli Quartet
Après un premier album (Ravens Like Desks) sorti en 2016 sur l’autre label italien qui compte, Auand Records, le jeune guitariste romain Stefano Carbonelli revient avec Morphé dans la collection Cam Jazz Presents, la branche découverte du label transalpin. Toujours entouré du fougueux Daniele Tittarelli au sax alto, du précieux contrebassiste Matteo Bortone (dont les propres albums nous avaient accroché plusieurs fois l’oreille) et du solide Riccardo Gambatesa à la batterie, le guitariste déroule une musique souple, directe et énergique. Les compositions, toutes du leader, manient l’art du contrepoint et du mélange des couleurs dans une veine très moderniste aux accents rock. La guitare du leader et l’alto de Tittarelli tantôt s’emmêlent, tantôt se répondent dans une explosion de douceur complice. Gambatesa et Bortone font la paire, la précision rythmique de l’un n’ayant d’égal que le groove du second.
Julien Aunos
citizenjazz.com
24/3/2019
Stéfano CARBONELLI Quartet: Morphé
Dans sa série consacrée aux nouveaux talents du jazz italien, Ermanno Basso nous invite à découvrir le guitariste Stefano Carbonelli sur son label CamJazz. Musique finement construite par une belle formation dans laquelle on retrouve le bassiste Matteo Bortone le plus connu de l’équipe pour les amateurs français.
Thierry Giard
culturejazz.fr
13/3/2018
Stefano Carbonelli Quartet - "Morphé"
Morphé è il secondo disco da leader del giovane chitarrista Stefano Carbonelli. Lo affiancano in quartetto Daniele Tittarelli al sax, preciso e creativo sparring partner, Matteo Bortone al contrabbasso e Riccardo Gambatesa alla batteria. La musica di Carbonelli, di cui si ascoltano pezzi tutti originali, ha in sé un ché di sognante, misterioso, sospeso tra due dimensioni, reale e irreale, deformante e ingannatore come lo specchio di Alice di Lewis Carroll; oppure da incubo irrisolto e ricorrente (Kafka). Morphé è un progetto colto, nel senso che vi si ascoltano spaccati di classica europea elaborati attraverso una scrittura contrappuntistica che connota l'azione del gruppo a metà strada tra un'espressività camerale, precisa, dagli orditi raffinati ed elaborati, e una dinamica ad orologeria di derivazione Modern Jazz Quartet. In entrambi i casi la tela tessuta da Carbonelli è particolareggiata e precisa in ogni dettaglio, contiene alcuni ricami rock che male non fanno alla estroversa contemporaneità del gruppo. La musica del chitarrista, dunque, si sviluppa attraverso nove brani, di cui uno firmato da Matteo Bortone, che aderiscono a un preciso progetto estetico che va di pari passo con la creatività del leader e dei suoi partner. Morphé è un disco che richiede diversi ascolti per essere apprezzato al meglio. Contiene tante musiche e spunti d'analisi di come si possa conciliare il jazz con la ricerca e i suoni della contemporaneità.
Flavio Caprera
jazzconvention.it
15/5/2018
STEFANO CARBONELLI "Morphé"
Stefano Carbonelli, chitarrista romano under trenta, giunge con questo interessante
Morphé al secondo lavoro a suo nome per l'etichetta romana CAM JAZZ. Leader di un quartet dalla coesa visione formale, Stefano Carbonelli (chitarra acustica e elettrica) si avvale, ancora una volta in questa produzione, della collaborazione di Daniele Tittarelli all'alto sax, di Matteo Bortone al basso elettrico, semiacustico e contrabbasso, di Riccardo Gambatesa alla batteria.
Morphé (essenza della forma) dichiara da subito, al pari del precedente
Ravens Like Desks, una particolare costruzione delle strutture musicali che il band leader e i suoi collaudati partner hanno inteso proporre nell'intero svelarsi del lavoro. Insieme dal 2014, Carbonelli, Tittarelli, Bortone e Gambatesa si esaltano, in un procedere collettivo, attraverso una scrittura curata nel minimo dettaglio, offrendo un sagace alternarsi fra spunti euro-colti (vedi richiami a Bach, Hindemith, Bartòk) e solido groove Modern Jazz che talvolta sfocia in accenti Rock. Già dalla
titletrack (brano d'apertura dalla breve ed intensa durata) si rileva una tensione contrappuntistica che dona all'ensemble una connotazione tanto cameristica, quanto dinamica. fatta eccezione per
Car A Vudge Joe di Matteo Bortone, le restanti otto composizioni originali incluse in
Morphé sono a firma di Carbonelli. Le nove tracce compongono un album estremamente elegante, nel quale la cifra stilistica e la vena creativa del giovane chitarrista romano rendono decisamente coerente un percorso progettuale in grado di catturare l'attenzione di tutti coloro che ne vogliano scoprire le più nascoste sfumature estetiche.
Qualità artistica: 8
Qualità tecnica: 9
Francesco Peluso
Fedeltà del Suono
4/2018
Stefano Carbonelli Quartet - Morphé
Quando si esce dalle rotte segnate si può facilmente perdere l'orientamento e andare alla deriva. Ecco, questo è un rischio che il quartetto del chitarrista romano Stefano Carbonelli non dà mai l'impressione di correre, neppure quando i suoi spartiti sembrano farsi più ermetici e astratti.
Morphé sa di sfida: alle ordinarie regole della composizione e della fruizione. Non propone linee melodiche accattivanti e nemmeno ricorre a gesti tecnici eclatanti per catturare comunque l'attenzione, eppure...
Già, eppure inchioda puntualmente l'ascolto come se l'arcano della sua musica fosse sempre ad un passo soltanto dall'essere rivelato.
UN LEGGERO BUFFETTO AI CLICHÉ DEL JAZZ
Elio Bussolino
Rockerilla
4/2018
L’opinione del Maestro Alberti sul jazz al Teatro Vittoria: “una bella sorpresa, una band da non perdere!”
Platea numerosa, anche oltre le aspettative, e soddisfatta alla Sala Teatro Vittoria sabato 17 marzo scorso per la presentazione dell’ultimo disco “Morphé”, etichetta CAM jazz, del giovane chitarrista e compositore marinese Stefano Carbonelli con il suo quartetto jazz formato da Daniele Tittarelli al sassofono, Francesco Ponticelli al basso e Riccardo Gambatesa alla batteria. Commenti molto positivi anche da parte dei molti “esperti di settore” presenti, vari docenti di musica e anche insegnati di conservatorio. Abbiamo raccolto, tra tutti, il commento a caldo del maestro Mario Alberti, noto a molti a Marino per il suo multidecennale impegno in ambito territoriale per la promozione della musica.
"Un mio amico musicista mi ha invitato a questo concerto di musica jazz, di un gruppo di giovani" – ha commentato il maestro Alberti – "sono andato un po' prevenuto, aspettandomi i classici standard con le solite improvvisazioni suonate a turno da tutti gli strumenti e invece, meraviglie delle meraviglie, ho assistito ad un concerto, che forse dire jazz è un po' riduttivo. I musicisti sapevano muoversi con disinvoltura dentro un pentagramma e le improvvisazioni avevano una logica, la loro musica non era una cover ma composizioni originali. Tutto questo è avvenuto a Marino al Teatro Vittoria e l’occasione è stata la presentazione del loro ultimo lavoro discografico Morphé. La band "Stefano Carbonelli Quartet" è una garanzia di buona musica e i loro concerti sono da non perdere. Un grande in bocca al lupo a questi ragazzi".
Editoriale
noicambiamo.it
19/3/2018
Stefano Carbonelli: la fisica, la matematica, la chitarra
Tra i nomi dei più interessanti giovani talenti del jazz italiano, quello del chitarrista romano Stefano Carbonelli è ormai stabilmente tra quelli
più citati. Rivelatosi un paio di anni fa con un bel disco per la Auand Records, ha continuato a lavorare stabilmente con il proprio
quartetto (completato dal sassofonista Daniele Tittarelli, dal contrabbassista Matteo Bortone e dal batterista Riccardo Gambatesa) e ha
in queste settimane pubblicato un nuovo disco, questa volta per la Cam Records, dal titolo Morphé. Un lavoro dalla tessitura
cangiante, in cui risalta una profonda attenzione al dettaglio, alle dinamiche tra gli strumenti, in un clima di inquieto camerismo che fa
risaltare le peculiarità dei singoli e della tessitura corale. Attivo anche nel trio di Jacopo Ferrazza e nel sestetto di Francesco
Ponticelli, entrambi bassisti, Carbonelli è artista di grande rigore e intelligenza, con cui è stato un piacere fare una chiacchierata per voi.
Come nasce il nuovo disco Morphé e come hai lavorato su questi materiali?
Ho lavorato dapprima sulla scrittura per un tempo più o meno lungo: tra composizione e modifiche - ricercando la migliore scelta delle singole
note delle voci e delle armonizzazioni - il processo è durato vari mesi. Per alcune tracce ho utilizzato parti per tastiera precedentemente scritte di getto o in minor tempo, riarrangiandole per la formazione del quartetto che si era consolidato dopo l'uscita del primo disco Ravens Like Desks.
Per altre sono partito da zero pensando proprio ai musicisti del quartetto, Daniele, Matteo e Riccardo. Ho continuato ad usare degli
elementi musicali del primo album con la differenza che le strutture di Morphé
- dal greco "forma" - mutano continuamente nel loro sviluppo, per cui in realtà sono più dense di informazioni. Un'altra differenza è che spesso
non sentivo l'esigenza di comporre brani con un groove, cioé un accompagnamento costante propulsivo, per cui il ruolo della batteria è quasi solo timbrico; a contrasto le sezioni in cui la batteria esegue il groove sono intense e sfociano in dinamiche molto forti su
tutto il set dello strumento. Quindi ci sono momenti neoclassici da camera, umile tentativo, alternati ad altri rock fino al metal - in un
certo senso, per dare l'idea - con armonie sempre contemporanee.
Come è evoluto il quartetto e il tuo modo di pensare la musica rispetto al primo disco per Auand cui accennavi?
La strumentazione è più varia - aggiunta di basso elettrico, semiacustico e chitarra classica - mentre le sonorità sono meno jazzistiche e spesso vicine alla musica da camera. Ho dato priorità all'aspetto compositivo e diversamente dal primo disco gli assoli improvvisati non hanno un ruolo fondamentale nel disegno complessivo. Ci è voluto non poco tempo per riuscire ad eseguire con convinzione e scioltezza la musica di Morphé e le indicazioni date sull'interpretazione sono state numerose perché altrimenti non sarebbe uscito il senso dei pezzi. Il quartetto è molto coeso, siamo attenti al potenziale della musica scritta e cerchiamo di non portare l'attenzione dell'ascoltatore verso i singoli strumenti durante i soli, lo troveremmo fuori contesto.
Come funzionano le relazioni all'interno del quartetto? Qual è l'apporto di idee da parte dei tuoi compagni di avventura?
Ho sottoposto il materiale scritto al quartetto nelle prove da aprile 2016 fino alla registrazione di marzo 2017. I brani non sono stati cambiati sostanzialmente, ma ci sono state delle proposte interessanti su qualche sezione o sulla strumentazione... alcune legate alle necessità del gruppo. Così è nata per esempio la doppia versione del brano "Bongard" o la ripetizione del finale di "Glenn". Matteo ha inoltre scritto per il gruppo il brano "Car A Vudge Joe".
La tua tesi di laurea in fisica - lo ricorda anche Brian Morton nel booklet del disco - ha trattato "La fisica degli strumenti musicali a corda oltre l'equazione delle onde". Tenendo conto della nostra probabile pochezza nel comprendere questa materia, ti va di provare a spiegare in poche parole più o meno di cosa si tratta?
Alla fine del mio percorso universitario ho colto l'occasione per approfondire un po' di acustica musicale, materia vastissima, e tra i possibili temi che mi ha sottoposto il Prof. Paolo Camiz ho scelto lo studio degli strumenti a corda visti come oscillatori accoppiati. Descrivere matematicamente uno strumento musicale è molto difficile e occorre una modellizzazione semplificata del sistema; lo strumento è così suddiviso in tre oggetti: eccitatore (plettro, dita, archetto o martelletto che dà il via alla vibrazione), risuonatore (corda, che produce una nota a precise frequenze) e radiatore (tavola armonica e aria nelle buche, che trasmettono il suono nello spazio circostante rendendolo udibile). Lo studio analitico di questi oggetti separati e poi accoppiati consente di prevederne approssimativamente il movimento durante la vibrazione, che poi determina caratteristiche del suono emesso (per esempio equalizzazione, risonanze, timbro, intensità, durata).
I tuoi studi hanno influenzato il modo in cui approcci lo strumento?
La conoscenza dell'argomento specifico non ha direttamente influenzato il mio modo di suonare nella scelta delle note. Durante la dissertazione mi chiesero lo stesso e risposi molto direttamente che avrei imparato più sulla musica - sul linguaggio della musica - in un corso di matematica; a quel punto il relatore fece una bella controbattuta, rivolta a colui che fece la domanda: "piuttosto bisognerebbe chiedergli quanto abbia appreso di fisica con la musica"! A distanza di qualche anno posso dire che la maggiore consapevolezza dei meccanismi fisici mi ha indotto a prestar maggiore attenzione, anche con l'orecchio, a elementi acustici che prima trascuravo - per esempio le risonanze - e a cercare di controllarli.
Quali sono i chitarristi che ti interessano di più, sia storicamente che oggi?
Per quanto non sia un patito dello strumento, primo nel mio elenco in ordine sparso è Allan Holdsworth, del cui linguaggio sono rimasto sbalordito quando l'ho ascoltato la prima volta. Tuttora se lo ascolto mi dà la sensazione che sia un alieno per ciò che riesce a concepire e tirare fuori dalla chitarra. Poi Pat Metheny, che tra i chitarristi jazz mi ha appassionato più di tutti per i dischi Bright Size Live e Question And Answer. Ralph Towner per l'incontro tra tecnica e suono del mondo della chitarra classica con il jazz. Certamente Bill Frisell per la varietà, il controllo e la maturità sconvolgente sulla produzione del suono, dinamiche, effetti speciali, timbri. John Scofield per il suono titanico e la profondità di ogni nota. Ben Monder per l'uso di intervalli moderni nell'armonia, un musicista che per il suono oscuro non trova molto seguito, ma quanto di più personale si possa trovare ai giorni nostri. Lo reputo importante come musicista contemporaneo prima che chitarrista. Poi citerei Guthrie Govan, chitarrista rock-fusion-blues-funky con una tecnica spaziale, ineccepibile, un'espressivitò, un'apertura, un gusto e padronanza del linguaggio anche jazzistico neanche lontanamente paragonabile agli altri del settore; in più è ironico e divertente. Tra i jazzisti recenti trovo interessante Gilad Hekselman, per l'uso polifonico dello strumento (più melodie contemporaneamente come nella musica rinascimentale o barocca del liuto).
E cosa ascolta in queste settimane Stefano Carbonelli?
Pierre Boulez, la Sonata per pianoforte n.2. Mi sono imbattuto in questo ostico ascolto dopo averne letto i commenti in una raccolta di scritti di Glenn Gould, "L'ala del turbine intelligente". Sempre in questi giorni sto ascoltando Invenzioni e Sinfonie di Bach, la cui scrittura non smette di sorprendermi per il senso di "esattezza" della sintassi, davvero mai banale, e per le costruzioni a più livelli. La felicità derivante dall'ascolto di Bach secondo me è vicina a quella che si prova leggendo una bella teoria matematica: i matematici hanno bisogno della creatività, ma a differenza degli altri artisti per loro non tutte le idee sono valide perché alcune non portano da nessuna parte mentre altre risolvono il problema. Bach dà l'impressione di essere ispirato dalle "giuste" idee come i grandi matematici e con la "giusta creatività" porta a compimento la composizione non lasciando note opinabili.
I tuoi prossimi impegni?
Prossimamente sono impegnato con Jacopo Ferrazza e Valerio Vantaggio per dei concerti in Svizzera in cui suoneremo il disco Rebirth e un progetto misto svizzero-italiano con Josquin Rosset, poi c'è in programma una presentazione di Morphé a metà marzo a Marino, vicino Roma. Infine sarò e in studio con il nuovo sestetto di Francesco Ponticelli insieme a Enrico Zanisi, Enrico Morello, Alessandro Presti e Daniele Tittarelli.
Enrico Bettinello
giornaledellamusica.it
17/2/2018
Stefano Carbonelli Morphé
Il chitarrista e compositore Stefano Carbonelli ha appena pubblicato il
secondo album Morphé per CAM JAZZ (distribuzione Goodfellas). Il
giovane musicista romano è sempre alla guida del suo quartetto composto
da Daniele Tittarelli al sax, Matteo Bortone al basso e Riccardo
Gambatesa alla batteria. Fin dal titolo è subito chiaro il tema del
disco, l'essenza della forma. Come nel primo album i brani prendono la
forma di costruzioni articolare ed imprevedibili che avvolgono
l'ascoltatore per sorprenderlo ad ogni passo catturandone l'attenzione
grazie alla costante tensione che innerva il disco e ad una messa a
fuoco nitida. L'album dimostra una decisa maturità compositiva e di
esecuzione di Carbonelli, che mostra profonda consapevolezza. La
scrittura contrappuntistica curata nei dettagli offre un intreccio
personale tra la musica da camera e il jazz moderno. Grazie al percorso
comune che lega i quattro musicisti ormai dal 2014 anche le dinamiche
del gruppo sono pienamente sviluppate. Le nove composizioni originali
dell'album, tutte a firma Carbonelli a parte "Car A Vudge Joe" firmata
da Bortone, si dipanano tra cambi improvvisi, sovrapposizioni,
metamorfosi, citazioni e dediche sotto la guida sicura del giovane
leader.
editorial
Fedeltà del Suono
16/2/2018
Stefano Carbonelli racconta il disco Morphé: 'un percorso personale di ricerca, passione e studio'
Pubblicato dall'etichetta Cam Jazz Morphé è il secondo album che porta la firma
del chitarrista Stefano Carbonelli. Un progetto trasversale che unisce
la musica da camera, con momenti carichi di groove che spesso si
miscelano con il rock, altre volte danno vita a momenti di
improvvisazione pure. Completano la formazione Daniele Tittarelli al
sax, Riccardo Gambatesa alla batteria e Matteo Bortone al basso. Stefano
Carbonelli ci ha raccontato questa avventura:
"Morphé - ci spiega - è un album di note scritte e qualche
improvvisazione. La musica è stata composta o riadattata per la
formazione del quartetto a mio nome, che in questo disco fa uso di sax
contralto, chitarra elettrica e classica, basso elettrico e
semiacustico, contrabbasso e batteria. Secondo disco per il gruppo,
prima uscita insieme alla casa discografica CAM JAZZ che ci ha prodotto.
Se si vuole incanalare l'opera in un genere bisogna notare che
coesistono, a mio giudizio in modo riuscito, momenti contrappuntistici o
da camera - in un certo senso in scia con Bach, Hindemith, Bartok... - con
altri più groovosi e all'estremo molto rock, anche metal. Accomunano
tutte le composizioni, compresa quella di Matteo, un'incessante
metamorfosi delle stesse, che non raggiungono mai un delineamento
compiuto. Questo è il manifesto nella prima traccia, la Title Track,
mutevole e densa di idee in meno di due minuti. Da lì si parte per un
percorso di brani i cui nomi omaggiano le personalità di Gould, Kafka,
Gnap, "Car A V..." e Bongard - il cui consigliato libro "Pattern
Recognition" di 100 indovinelli illustrati è particolarmente in tema con
la ricerca e il senso della forma."
Un percorso interiore e personale e tanto lavoro con la band. Stefano
Carbonelli ci spiega anche il percorso che ha portato alla nascita del
disco:
"C'è alla base un percorso personale di ricerca, passione, studio
analitico della musica. D'altra parte senza l'impegno dei miei colleghi
il disco sarebbe rimasto sulla carta, anzi alcuni brani non sarebbero
stati proprio composti. Il gruppo esiste stabile dal 2014, anno in cui
abbiamo registrato il primo album 'Ravens like Desks'. Da allora
l'affiatamento è stato crescente e ho subito avuto come obiettivo una
seconda uscita. Per il repertorio ho unito i due brani vecchi inediti
'Morphé' e 'Kafka'; al recente 'Stalattiti', terminato di scrivere per
l'occasione i due brani 'Arrgh' e 'Gnap' e composto dal principio
'Glenn'. Il lavoro di scrittura è quello che ha caratterizzato di più il
lavoro finito: c'é un'alta percentuale di musica scritta per un disco
di jazz e le improvvisazioni sono spesso intese come parti non
fondamentali del disegno complessivo. Durante le numerose prove iniziate
nella primavera 2016 si è aggiunto il brano e 'Bongard #101' - presente
in due tracce separate chiamate L e R - e 'Car A Vudge Joe' di Matteo.
Di lì a quasi un anno abbiamo avuto la fortuna di essere portati in
studio dalla CAM JAZZ, nel marzo 2017 a Udine, dove abbiamo finalmente
inciso Morphé."
Cosa rappresenta invece Morphé per Stefano Carbonelli? Rispondendo a
questa domanda il chitarrista ci mostra anche la sua visione della
musica...
"Non so per gli altri ma penso di poter rispondere che la musica di
Morphé non è descrittiva e non ha l'intenzione neppure nascosta di
rappresentare un'esperienza, un evento o un oggetto. Il mio parere è che
ci si possa disinteressare di usare la musica come metalinguaggio,
senza che questa manchi dell'elemento per il quale viene percepita come
una cosa bella e funzionante. Detto altrimenti se la musica è piacevole
lo è di per sé e non perché rappresenta una cosa: indirettamente
l'ascolto delle note richiama delle sensazioni - soggettive - e questo è
sufficiente. A mio parere, ipotizzo universalmente, l'ispirazione nella
composizione o nell'improvvisazione nasce da meccanismi inconsci - che
permettono la 'spontaneità' per cui reputo una forzatura cercare di
descrivere altro con la musica: non che mi opponga all'uso ma potrebbe
anche darsi che quello che si voleva descrivere, se non reso esplicito,
non venga minimamente colto e tuttavia cio' non implicherebbe che la
musica appaia deficiente. Il punto è che c'é una differenza abissale con
un testo scritto o una raffigurazione, infatti la musica senza parole
funziona lo stesso ed appassiona una percentuale di persone - non è
rilevante quante persone se ne accorgano bensì il loro grado di
appassionamento. Lascio al pubblico nove tracce a cui abbandonarsi e in
cui scovare forme da analizzare in base ai criteri che preferisce ma
sapendo che secondo l'autore la musica rappresenta se stessa. "
Carlo Cammarella
jazzagenda.it
13/2/2018
Stefano Carbonelli Morphé
CAM JAZZ released on February 2, 2018 the album
Morphé,
the second by the guitarist and composer Stefano Carbonelli. The
Italian musician is leading again his quartet featuring Daniele
Tittarelli on sax, Maatteo Bortone on bass and Riccardo Gambatesa on
drums. As in the first record, the tracks are shaped as articulated
constructions; the counterpoint writing offers a personal interlace
between chamber music and modern jazz. The nine original tracks, all
signed by Carbonelli except for "Car a Vudge Joe", written by Bortone,
are developed among sudden changes, superimpositions, metamorphoses,
quotes and dedications.
editorial
jazzespresso.com
14/2/2018
STEFANO CARBONELLI QUARTET Morphé
Illuminanti trame armoniche e ritmiche, tessute con vivido estro e intraprendenza, che accendono l'interruttore della mente. "
Morphé"
è il nuovo capitolo discografico firmato Stefano Carbonelli Quartet,
audace formazione costituita da Daniele Tittarelli (sax alto), Stefano
Carbonelli (chitarra), Matteo Bortone (basso e contrabbasso) e Riccardo
Gambatesa (batteria). La tracklist si compone di nove brani originali
frutto dell'ingegnosità di Carbonelli, eccezion fatta per
Car A Vudge Joe (Matteo Bortone). Il climax di
Arrgh è velatamente enigmatico. L'eloquio di Tittarelli è materico, ponderato e snocciolato con estrema sagacia.
Kafka
è una composizione che sembra proiettata verso un mondo onirico. Qui il
quartetto dialoga intensamente, lasciandosi guidare da un forte
trasporto emotivo e da un mood cosmico. In
Car A Vudge Joe si
respira un'atmosfera lunare. Il sassofonista e il chitarrista
interagiscono fittamente, costruendo fraseggi magnetici e mai
oleografici, sostenuti dal comping puntuale e decisamente efficace
architettato dal tandem Bortone-Gambatesa. "
Morphé" è un disco
particolarmente cangiante, specialmente dal punto di vista emozionale,
pullulante di idee assai interessanti, innovative, che sorprendono e
coinvolgono l'ascoltatore durante il fluire delle nove tracce.
Stefano Dentice
soundcontest.com
5/2/2018
Stefano Carbonelli Quartet: "Morphé"
In questa nuova incisione, come nel precedente "Ravens Like Desks" (Auand,
2016), il chitarrista Stefano Carbonelli è affiancato da Daniele
Tittarelli all'alto, Matteo Bortone al basso e Riccardo Gambatesa alla
batteria. "Morphé" si sviluppa attraverso nove tracce originali che
evidenziano una scrittura sfaccettata, di brani costruiti con "scatole
sonore" che si incastrano, collimano o si scontrano in forme che non
danno spazio alla prevedibilita'. Le trame espressive trovano la loro
essenza su tempi moderati, anche se non privi di tensione, in una sorta
di filo sottile, quanto persistente, che unisce l'album nella sua
interezza. Sensazione sviluppata sia dalle chitarre del leader, che
all'elettrica mostra un approccio di derivazione rock, sia dai movimenti
d'insieme del quartetto, che si dimostra realtà rodata e fortemente
coesa.
Roberto Paviglianiti
strategieoblique.blogspot.it
2/2/2018